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 Cephalotus follicularis

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MessaggioTitolo: Cephalotus follicularis   Cephalotus follicularis EmptyGio Gen 31, 2013 5:12 pm

Cephalotus follicularis


Regno: Plantae

Divisione: Magnoliophyta

Classe: Magnoliopsida

Ordine: Rosales

Famiglia: Cephalotaceae

Genere: Cephalotus

Specie: C. follicularis


Descrizione:

Famosa pianta carnivora, molto apprezzata e ricercata dagli appassionati e collezionisti di tutto il mondo; caratterizzata da ridotte dimensioni (raggiunge al massimo i 5-6 cm di altezza) ed un complesso intreccio di spettacolari ascidi e foglie, offre uno spettacolo davvero incredibile. Proviene dal sud-ovest dell’Australia e più precisamente dalle aree prossime alle città di Albany, Perth, Augusta e della zona di Cape Riche: in natura è ormai a serio rischio di estinzione.

Il suo allevamento può risultare difficile per la maggior parte delle persone, ma seguendo alcune semplici regole base e fornendogli le dovute attenzioni sarà possibile ottenerne uno sviluppo sano e armonioso.

A differenza di molteplici altre carnivore, quali, Sarracenia, Utricularia e svariate Drosera, non gradisce essere allevata con la base perennemente a contatto con l’acqua; il marciume radicale (o comunque patologie e affezioni legate ad un eccesso di acqua e umidità) risulta infatti tra le più tipiche cause di decesso per questo genere di piante. Sfortunatamente, non è possibile riscontrare sintomi dell’insorgere di questo problema fino a quando non sia ormai troppo tardi; è quindi sempre buona norma basare l’allevamento sulla prevenzione di dette problematiche.

Nel corso dell’anno produce sia foglie che ascidi, in modo spesso altalenante e imprevedibile; in natura inizia a produrre le piccole foglie ovate agli inizi della primavera: si ipotizza per sopperire, grazie alla fotosintesi, alla mancanza di nutrizione fornita dalle bocche (ascidi). Le bocche si sviluppano subito dopo, producendo ghiandole ricche di nettare a livello dell’opercolo per attrarre potenziali ‘’prede’’; in natura cattura essenzialmente insetti terrestri che si muovono a livello del suolo.

L’opercolo è in grado di aprirsi e chiudersi a seconda delle condizioni ambientali (si chiude qualora si presentino condizioni di siccità), al fine di tutelare l’ascidio e garantire la permanenza del succo digestivo al suo interno.

Gli insetti caduti nella trappola, annegano nel liquido digestivo e verranno poi assimilati grazie ad un’apposita ghiandola posta nella parte inferiore dell’ascidio.

Bagnatura:

In natura, cresce sulle coste, lungo ripe e scarpate con lieve pendenza, dove l’acqua scorre abbondante ma senza mai stagnare; in inverno arriva quasi a condizioni di asciutto.

In coltivazione necessita di umidità abbondante e costante, ma non sopporta le immersioni prolungate; sarà quindi opportuno non lasciare acqua stagnante nel sottovaso, a meno che non si predispongano una serie di accorgimenti atti a isolare le radici; uno dei principali problemi di questa pianta, come accennato sopra, è dato per l’appunto dai marciumi radicali. L’acqua necessaria potrà essere fornita con periodiche bagnature, al fine di mantenere il substrato sempre umido, ma non fradicio e vaporizzando/spruzzando anche da sopra.

Qualora si applichi il periodo di risposo, la pianta non andrà bagnata frequentemente, e andrà posta in un ambiente freddo (attorno ai 5-10°C: temperature più basse possono indebolire eccessivamente la pianta, la quale in primavera potrebbe faticare a riprendersi) e luminoso (la luce non dovrebbe mai mancare). Le bagnature si effettuano prima che il substrato secchi, facendo sì che rimanga SEMPRE leggermente umido. sincerandosi però che il substrato non arrivi mai a seccare totalmente.

Personalmente utilizziamo 2 metodi; il primo consiste in immersioni giornaliere in sottovaso pieno d’acqua, lasciando il vaso immerso per 15-20 minuti; dopodiché si procede, lasciando sgocciolare bene le piante (su superfici tali da non impedire un naturale sgrondamento dell’acqua in eccesso) per evitare ristagni.

Il secondo metodo che applichiamo consiste in spruzzature giornaliere con getto medio-intenso, della parte superiore-media del substrato, lasciando poi la pianta a sgocciolare bene su superfici tali da non impedire un naturale sgrondamento dell’acqua in eccesso.
Al termine il substrato deve risultare molto umido.

Luce:

Specie bisognosa di luce intensa (da 18 a 30.000 lux), con un lungo fotoperiodo nel corso di tutto l’anno; patisce il caldo opprimente e in tali condizioni sarebbe opportuno porla in zona semi-ombreggiata e ventilata. Personalmente consigliamo (specialmente qualora la pianta non sia abituata a stare all’aperto) di schermare sempre la pianta dai raggi diretti del sole, poiché provocano facilmente ustioni e bruciature sia sulle foglie foto sintetizzanti che sugli ascidi.

In ambiente protetto, quale può essere un orchidario o un terrario, l’illuminazione artificiale deve essere costante ed intensa, con un fotoperiodo di almeno 12 ore: stiamo sperimentando varie illuminazioni, ma ottimi risultati potete già ottenerli con lampade neon a spettro completo (del tipo utilizzabile anche per acquari dolci).

Con la giusta illuminazione il colore delle ‘’bocche’’ e delle foglie diverrà più intenso e appariranno anche orlature rosse ai margine di entrambe; le piante ancora molto giovani, che producono ascidi dall’aspetto differente rispetto a quelle mature, tendono a rimanere verdi.

Temperatura:

Arriva a vegetare anche con temperature elevate, vicine ai 40°C (se in combinazione con altre condizioni ambientali), ma presenta un ottimo tra 22° e 28°C.

Pur sopportando il gelo (anche se solo per brevi periodi), preferisce temperature sempre sopra lo 0°; una fase di risposo a 4-8°C potrebbe già considerarsi ottimale.

Substrato:

Il composto usabile varia da condizioni a condizioni e molti coltivatori optano per soluzioni differenti; quelli più tradizionalmente usabili e dei quali ne consigliamo l’impiego sono:

- 60% di torba bionda acida (di buona qualità), 15% di perlite e 25% di sabbia silicea,

- 60% di torba bionda acida (di buona qualità) e 40% di sabbia,

- 60% di torba bionda acida (di buona qualità)e 40% di perlite di dimensioni miste,

- 60% di sfagno disidratato (quello fresco tende con maggiore facilità a risvegliarsi e divenire più grande delle bocche, arrivando fino a soffocare la pianta stessa) sminuzzato (per renderlo uniforme, fine ed eliminare le fibre lunghe) e 40% di sabbia mista a perlite.

Rinvaso:

Come per la maggior parte delle carnivore il trapianto è un momento delicato (e per la Cephalotus lo è forse anche di più); al fine di avere buoni risultati e garantire un attecchimento ben riuscito occorre farlo con cura e seguendo innanzitutto le regole base. Buona pratica consiste nel procedere al rinvaso solo quando il vaso sarà divenuto ormai troppo piccolo per contenere la pianta.

Se una volta tolta dal vaso si notano particolari problemi, quali parassiti, inizi di marciume o terriccio inadatto bisognerà procedere alla pulizia dell’apparato radicale (con grande delicatezza e cura), altrimenti, si potrà rinvasare usando il pane di terra già presente e aggiungendo solo il substrato (appositamente preparato per Cephalotus : vedere sezione dedicata al substrato) che si renderà necessario a riempire bene il nuovo vaso.

Nella scelta del vaso (buona cosa sceglierlo alto e spazioso), tenere conto del tipo sviluppo della pianta, avendo cura di scegliere un contenitore che permetta alla pianta di svilupparsi agevolmente appoggiando le "bocche".

Occorre ricordare ancora una volta che la Cephalotus non gradisce i rinvasi e a seguito di trapianto o rinvaso potrà mostrare segni di patimento; tutto ciò naturalmente nell’eventualità che vengano toccate le radici a seguito di eliminazione totale /parziale del vecchio pane di terra.

In tal caso la pianta necessiterà di un periodo di "recupero", da trascorrere in ambiente "protetto" (come un orchidario, terrario…) con umidità costante (ed elevata), temperature elevate, luce intesa e fotoperiodo lungo (minimo 12 ore).

Fioritura:

una volta raggiunta la maturità il Cephalotus diviene in grado di fiorire: normalemente il periodo prescelto è quello primaverile/estivo, anche se dipende molto dalla zona geografica e dalla tecnica di coltivazione adottata.

Lo stelo fiorale può divenire particolarmente lungo, per essere ben visibile dai potenziali impollinatori; come per molte specie, la fioritura è un momento difficile, poiché la pianta impiega una gran quantità di energie per riuscire a produrre l’infiorescenza. Qualora la pianta non sia sufficientemente vigorosa e ben ‘’nutrita’’ la fioritura potrebbe anche pregiudicarne la salute, arrivando in alcuni casi anche a portare la pianta alla morte.

I semi, leggerissimi e pubescenti, vengono facilmente trasportati dal vento.

Moltiplicazione:

Essenzialmente ottenibile mediante propagazione da seme o vegetativa.

Per seme: risulta essere un procedimento lento e dai risultati incerti; i semi hanno vita breve e le plantule impiegano diverso tempo a raggiungere l’età adulta

Vegetativa: da foglia, radice o ascidio tagliandoli con cura e provvedendo a porli in sfagno fresco tenuto umido.

Il recupero di piante grazie alla propagazione vegetativa risulta alquanto agevole, offrendo in questo modo la possibilità di salvare almeno in parte una pianta in fin di vita.
Malattie:

Risente in particolar modo degli attacchi fungini e delle muffe: Botrite, Pythium, Oidio, che possono portare a gravi conseguenze (fino alla morte) .

Metodi tradizionalmente utilizzati per evitare o debellare tali problemi consistono nel fornire una giusta illuminazione ed una buona movimentazione dell’aria; inoltre, una pianta vigorosa (concetto valido per tutte le piante) risentirà meno degli attacchi e avrà modo di reagire in modo naturale per debellarli: fornire quindi un buon ambiente di coltivazione e provvedere ad un ‘’alimentazione’’ extra per garantirle il nutrimento necessario possono essere sicuramente metodi molto utili per consentirle di reagire a condizioni di stress.

Nutrimento:

La nutrizione risulta pressoché indispensabile per garantirne uno sviluppo completo della pianta; in natura cattura prevalentemente insetti ‘’terrestri’’.

Se la pianta è collocata all’aperto bisogna sincerarsi del fatto che riesca autonomamente a procacciarsi del cibo, altrimenti si renderà indispensabile fornirle il nutrimento in modo artificiale.

In tal caso, noi personalmente abbiamo impiegato e sperimentato una tecnica basata sull’introduzione di alcuni Chironomus (larve surgelate, utilizzate comunemente per la nutrizione dei pesci d’acquario: saranno da sgelare e portare a temperatura ambiente prima di somministrale) negli ascidi, una volta ogni 10-14 giorni durante il periodo vegetativo.

I risultati sembrano promettenti e la pianta sembra rispondere molto bene a tale tipologia di alimentazione.

Se gli ascidi risultano internamente asciutti: ossia privi di succo digestivo, è opportuno non procedere a nutrirli, poiché potrebbe essere controproducente e portare alla morte dell’ascidio stesso.



--REGNUM NATURAE

27 / 08 / 2012

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